A Penelope




Penelope, moglie di Ulisse e regina di Itaca, prende il nome da un mito riguardante la sua infanzia: quando nacque fu gettata in mare per ordine del padre a causa di una profezia nefasta e fu salvata da alcune anatre che, tenendola a galla, la portarono verso la spiaggia più vicina e da queste derivò, appunto, il suo nome. L’anatra è un animale ricco di simboli: nella cultura occidentale si riferisce all'ambiguità e all'inganno mentre in quella orientale è sinonimo di fedeltà coniugale.
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Il personaggio di Penelope è da sempre associato all’idea del coniuge fedele e paziente, talvolta la sua attesa è stata qualificata con accezioni negative, quasi che ella fosse incapace di decidere e l’attesa fosse l’unica soluzione possibile e non una scelta consapevole.
Quest’opera si ispira ai simboli legati a questo personaggio e viene messa in scena una rappresentazione che ispira fiducia, tenerezza e maternità, ma al tempo stesso questo discorso è messo in discussione da un elemento perturbante e inquietante: il serpente, simbolo per antonomasia dell’inganno e da sempre legato al femminile nelle più antiche culture, innesca in noi paura e dubbio. Lo spettatore è invitato e chiedersi se la sua presenza sia un unicum o no. In particolare, ciò che a un primo impatto era rassicurante e certo è ora messo in dubbio.
Grande stratega, donna intelligente e astuta, Penelope è al pari del coniuge: l’attesa racchiusa nei piccoli gusci può essere piacevole o nefasta e solo la sua creatrice è al corrente dell’esito finale. La pazienza e la quiete femminili sono grandi qualità che denotano un’incredibile forza d’animo, alle quali dovremmo ispirarci.
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“A Penelope”, 2021
120x90 cm.
Installazione polimaterica